Prata Principato Ultra

cropped-cropped-ppit.jpgIL PAESE

Prata Principato Ultra, un piccolo paese posto a 10 km da Avellino, si trova a cappello di una deliziosa collina formata da un greto compatto e da ciottoli. E’ lambita dal fiume Sabato con il quale confina ad oriente, mentre a mezzogiorno confina con la strada consolare che conduce alle Puglie, ad occidente con Pratola Serra, a settentrione con Altavilla Irpina. Dista dall’odierna città di Avellino 10 km, da Benevento circa 22. Un paese prevalentemente agricolo, di circa 3000 abitanti, è posto ad un’altitudine di circa 310 metri. Il paese fortemente danneggiato per il terremoto del 1980, reca oggi i segni della ricostruzione: le antiche case, quasi tute a due piani, sono state ristrutturate e dipinte in tenui colori pastello. Molte conservano splendidi portali in pietra, su cui fanno bella mostra imponenti stemmi araldici. Attraversando il corso principale del paese, su cui si affacciano piccole botteghe, qualche bar sulla cui soglia siede qualche canuto vecchietto, si giunge nella piazzetta con i sui monumenti ai caduti, l’antico cannone, testimonianza di antiche battaglie, e la settecentesca chiesetta di San Giuseppe, semplice nello stile. Architettonico, dalla linda facciata finemente decorata da stucchi, come imponeva il gusto dell’epoca.

Il paese un’incantevole cartolina: camminando per le strade, lo sguardo è catturato dal verde dei monti, dalle casette che si tengono per mano, dagli antichi portali; l’atmosfera è rimasta di tono familiare, discreta, ovunque si prova una sensazione di pace; qui oltre alle bellezze ambientali, alla storia e alla cultura, vengono offerte al visitatore condizioni di vita non inquinate dai rumori e dal traffico della città, ma soprattutto squisita e genuina ospitalità. Prata occupa un posto nella storia dell’arte perché nel suo territorio, a qualche chilometro dall’abitato, si trova l’antica BASILICA dell’ANNUNZIATA. Essa si manifesta così monumentale da costituire un vanto per l’Irpinia. Il Monumento sorge a ridosso di una collina tufacea ed in località che doveva contenere un cimitero pagano, come ci rivelano parecchie tombe venute alla luce e poi distrutte, ed alcuni sarcofaghi di pietra, dal coperchio a tetto spiovente, con due frontoni e con acroteri agli spigoli, le cui iscrizioni non portano simboli cristiani. Operando dei lavori di sbancamento da parte di privati, nei campi attigui alla basilica sono venute alla luce delle tombe, per cui la Sovrainten­denza ai monumenti della Campania, ha diffidato i proprietari a non effettuare ulteriori scavi nella zona di rispetto e nella zona archeologica adiacente alla basilica. Purtroppo, l’opera dell’uomo ha trasformato il paesaggio primitivo che esercitava un fascino di mistero.

Una piccola valle raccolta, chiusa di collinette tufacee cinge tutt’intorno il Santuario e il verde della primavera rende il luogo suggestivo. Alberi di pini nel piazzale antistante offrono al visitatore un’om­bra che insieme a quella proiettata dagli alberi delle colline tufacee, lascia avvertire qualche cosa di misterioso, ieratico. Un ruscelletto a poca distan­za, con lieve mormorio scorre nella valle. Recentemente i Missionari della Redenzione di Visciano, hanno costruito un grande edificio, che sinceramente distrugge gran parte della suggestività della zona.

La chiesetta si erge maestosa nella sua architettura di carattere rustico; la facciata è stata costruita soltanto poco più di 60 anni fa, di nessuno interesse artistico, essa conserva tuttavia ai lati due colonne frammentarie antiche con capitelli corinzi. Il piazzale antistante ha una grande importanza archeologica, infatti in occasione dello scavo effettuato nel 1951- 55, ad opera della Sovrainten­denza, nel piazzale, vennero alla luce le fondazioni e la parte inferiore di due chiese, che certamente si sviluppavano nell’area del prolungamento moder­no della basilica, addossate al banco tufaceo che lì arrivava. Di esse la più recente e più grande aveva racchiuso nel suo perimetro l’area di quella precedente, forse demolita per consentire la costruzione della seconda e più ampia o forse crollata per uno dei tanti terremoti succedutisi nella zona. Sta di fatto che la struttura muraria dell’una e dell’altra, ad opus incertum, è molto simile a quella degli edifici beneven­tani di età longobarda anteriore all’VIlI secolo. E’ evidente perciò che si trattò di due Chiese cimiteriali, come le tonte terragne in esse rinvenute dimostrano, succedutesi l’una all’altra a non grande intervallo di tempo, come centro del complesso catacombale. Per conseguenza sembra logico pelate che la basilica sorse al posto della chiesa quando questa crollò per un movimento tellurico, in quanto non pare plausibile che essa sia stata costruita quando era ancora in piedi l’altra. Tanto più che, a parte la brevissima distanza tra loro, la basilica venne realizzata in un vano in parte preesistente nella roccia tufacea, per assolvere in condizioni di sicurezza e certamente coni maggiore aderenza la funzione di oratorio centrale delle catacombe. Non per motivi sismici, invece, essa finì allo scoperto e dovette essere rivestita in gran parte di muratura. Ciò avvenne per la rimozione delle pareti tufacee in tempi molto lontani, come dimostra il carattere della muratura stessa, tra la quale evidenti sono le lingue di roccia superstite, muratura amorfa, affine a quella della parte anteriore aggiunta nel Settecento e dell’altra soprastante, oggi cancellata solo nella facciata principale. Il materiale usato per la costruzione della basilica è di diversa natura, rinvenuto nelle adiacenze; questo testimonia l’esistenza di una vita feconda non lontano da questi luoghi.
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