Tufo

IL PAESE

Anno del Signore 888. Il principe beneventano longobardo, Aione II, decide di costruire una torre a difesa del castello di Tufo. Aione II, considerando Tufo utile come baluardo per la difesa della capitale del principato longobardo, lo aggrega alla circoscrizione di Benevento.
Abbiamo, in questo modo, una duplice notizia: la nascita di quel che, nel 1821, diventerà comune di Torrioni, l’altro comune storicamente legato al Greco di Tufo (turris Ayonis = torre di Aione), e quella della preesistenza di Tufo a quella data.
Da quanto esisteva? Fondato da chi?
Sappiamo che l’uomo è presente da molte migliaia d’anni in Irpinia, ce lo dice l’archeologia, ma da quanto tempo Tufo è abitato?
Nelle passeggiate verso San Paolo che compivo da ragazzino, all’uscita sulla provinciale della strada vicinale Bussi, in un taglio della stessa provinciale d’una costa, era visibile uno strano buco nella terra.
“Una tomba romana, trovata anni fa”, era la risposta degli adulti alla mia curiosità infantile. Si narra, ed è una memoria abbastanza sicura, che, quando fu costruito il ponte in cemento armato che collega con il bosco di Prata di Principato Ultra (altro paese della DOCG) , fu rinvenuto un cunicolo d’acquedotto sannita-romano. Un temerario vi entrò e riportò fuori un iscrizione epigrafica che purtroppo sparì misteriosamente quasi subito. Il Fiume Sabato,che quel ponte attraversa, prende il nome dai Sanniti che tra loro si chiamavano Safinim.
Sembra, però, che dovremo aspettare ancora affinchè il caso ci dia più luce prima di quel fatidico anno 888 dalla redenzione del mondo.
Quell’anno, il nemico erano i bizantini contro cui il principato longobardo lottava ora in difesa ora in attacco. La lotta ormai durava da anni e durerà ancora fino all’arrivo dei normanni che, trovando sfiancati gli uni e gli altri, imposero a tutto il mezzogiorno il loro dominio, ricacciando l’impero di Bisanzio (Costantinopoli) nella penisola balcanica.
Tufo era dunque un passaggio nella valle del Sabato, era ed è a metà strada tra Avellino e Benevento, un castello, un fortilizio strategicamente importante a difesa dell’una o dell’altra città, secondo i padroni del momento.
Le testimonianze più evidenti del passato longobardo sono due: la grotta di San Michele, di cinquanta cubiti di lunghezza, con annesso “romitorio di monaci” (dicono i documenti e le pietre) risalente a quel periodo, e la devozione del paese a San Michele ancor oggi. Chi si trovasse a Tufo l’8 maggio ci resti fino a sera, vedrà una rappresentazione popolare sulla cacciata degli angeli ribelli da parte dell’arcangelo. Tutti conoscono tutte le parole della recita e ogni passaggio è applaudito bene o male interpretato non importa, e se gli attori dimenticano le parole (ma non succede), la folla è pronta a recitarle. Abbiamo lasciato Tufo come un baluardo militare sulla strada romana Antiqua Major e li lo ritroviamo con l’arrivo dei Normanni.
I normanni, ovvero gli uomini del nord, sono i vichinghi che s’erano insediati nel nord della Francia, dopo secoli di scorrerie, alla confluenza della Loira con l’Atlantico.
Non mancavano di spirito guerresco e d’avventura, da buoni vichinghi, sia pure resi più integrati al mondo europeo meridionale dal vivere nel feudo francese a loro concesso da un re di Francia, Carlo il Grosso, stremato dai loro continui attacchi. Il duca di Normandia conquista l’Inghilterra e sconfigge nel 1066 ad Hasting il re sassone. Da quel momento nasce l’Inghilterra.
Quasi negli stessi anni, altri normanni conquistano in poco tempo quello che sarà per novecento anni circa il Regno delle due Sicilie.
Sappiamo che Tufo dal secolo XI è in mani normanne. Si narra che la famiglia nobile che prende il nome dal paese (de Tufo, de lo Tufo, del Tufo) deriverebbe da Ercole Monoboi un compagno d’arme di Roberto d’Hauteville, detto Roberto il Guiscardo. Ma il primo nome di feudatario di Tufo che incontriamo è quello di Raone del Tufo, lui ha il feudo negli anni in cui il fratello di Roberto d’Altavilla, Tancredi sbaraglia bizantini e Arabi prima in Calabria e poi in Sicilia. All’epoca nessuno lo sa, ma sta nascendo uno stato europeo e questa nascita coinvolgerà figure di spicco dell’intera Europa, addirittura con uno scisma e lo scomodamento, tra imperatori, re papi e antipapi, d’un pezzo da novanta come San Bernardo di Chiaravalle.
Abbiamo lasciato Tufo a difesa di Benevento e qui lo ritroviamo nell’anno 1119, saldamente in mano a Raone del Tufo.
La politica d’espansione normanna alla fine si scontrò con gli interessi di Gregorio VII, quel papa che aveva costretto all’umiliazione di Canossa l’imperatore del Sacro Romano Impero.
Alla fine però il Papa riuscì a conservare solo la città di Benevento e poco più, mentre Roberto il Guiscardo ottenne l’annessione del resto del ducato beneventano.
Ma, di lì a poco, tra i capi normanni alla morte sia di Roberto che di suo fratello Tancredi, scoppia la guerra per la supremazia e da questa lotta nasce il Regno. Tufo ne è coinvolto.
Tufo, coi longobardi, era nella sfera d’influenza di Benevento. Diventata questa città papale,ed essendo Avellino ancora città longobarda fino al 1112, Tufo e i suoi feudatari normanni giuravano fedeltà al conte normanno di Ariano. Raone del Tufo quindi è nella lotta al fianco del suo duca contro il duca Guglielmo II il quale è sostenuto dal conte di Alife e anche dal connestabile di Montefusco (amche questo comune della DOCG), Landolfo de la Greca. Il Conte di Alife subito si mosse ad assediare Tufo. Ma fu respinto da una difesa saldissima.
Poco dopo attacca il castello anche il connestabile di Montefusco, forte dell’espugnazione dei castelli di Montemiletto e Montaperto. Ma le macchine d’assedio e gli sforzi di vincere la resistenza furono inutili. Talmente inutili che il Connestabile passò ad atti di terrore, quali la devastazione dei campi e la distruzione delle vigne.
Notiamo questo particolare che le cronache di allora annotano a margine degli eventi: Tufo aveva vigne, tante, se la loro distruzione è degna di nota. È la prima notizia della vocazione attuale del nostro territorio.
Altre battaglie si svolgono fino all’avvento di Ruggiero II il primo re del mezzoggiorno, almeno un altro assedio stringe il paese, Tufo rimane glorisamente inespugnato.
Durante tutti questi sovvolgimenti San Guglielmo da Vercelli, longobardo del nord Italia, fonda la sua congregazione religiosa a Montevergine. Nel 1139, ancor vivo San Guglielmo, un tufese, tale Costantino figlio di Ruggiero, dona al Santuario una casetta e un campo. Indovinate di che? Ma di viti, ovviamente.
Che tipo di viti? Il famoso Gerco di Tufo? O più probabilmente l’onnipresente aglianico. O forse il fiano di Avellino della limitrofa reale della omonima DOCG. Non lo sappiamo. Sappiamo che la famiglia di Marzo vanta il trapianto del vitigno del greco a cura di Scipione Di Marzo che, in fuga dalla peste del 1648, scampa in Tufo da San Paolo Belsito, sulle pendici del Vesuvio.

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